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Home›POLITICA›La dignità non è un “vestito”

La dignità non è un “vestito”

By Danilo Quinto
20 Gennaio 2021
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La mediocrità del dibattito parlamentare sulla fiducia fa il paio con lo squallore dell’esito del voto, sia alla Camera sia al Senato. Una maggioranza relativa di 156 voti nel ramo alto del Parlamento – raccattata come sappiamo e che avrebbe dato la vittoria al No, se il gruppo di Renzi non si fosse astenuto e avesse votato contro, perchè in base al regolamento del Senato questo è l’effetto del “pari e patta” – comporta l’impossibilità di governare, sia rispetto alle votazioni nelle Commissioni, sia, e soprattutto, nelle votazioni più importanti dell’Aula. E’ vero che ci sono precedenti di Governi che hanno conservato il potere con una maggioranza relativa, ma sono Governi che hanno resistito solo qualche mese.

L’operazione che è andata in porto, non è – come ha detto l’avvocato Conte – un’operazione per salvare l’Italia, dalla crisi sanitaria e dalla crisi economica, occupando le poltrone con “disciplina e onore”. Disciplina, onore sono un’altra cosa rispetto alla trasformazione del Parlamento in una specie di suk. Non si può andare in Parlamento a chiedere la fiducia e dire “Aiutateci”, senza un progetto politico, senza una visione, senza uno straccio di programma che sani le inefficienze e le incapacità che hanno prodotto il più alto numero di morti nel mondo rispetto alla popolazione e una crisi economica spaventosa, la più grave dell’intero mondo occidentale e peggiore di quella che l’Italia conobbe dopo la seconda guerra mondiale, facendo leva sui 209 miliardi dell’Unione europea, la cui erogazione è vincolata a progetti che devono essere approvati (di cui non viene detta alcuna parola, nel concreto) e che dovranno essere comunque restituiti entro 5-6 anni.

Cosa c’entrano l’onore e la disciplina con l’attuale maggioranza, a cui viene consentito di andare in Parlamento a caccia di voti per sostenerla, mentre dopo le elezioni del 2018, al Centrodestra che lo chiedeva, è stata negata questa possibilità? Cosa c’entrano l’onore e la disciplina con il fatto che da un anno e mezzo la composizione dell’attuale Parlamento non corrisponde alla reale volontà politica degli elettori, che nella maggior parte dei casi, nello stesso periodo, nelle elezioni amministrative che si sono succedute, si è espressa a favore del centrodestra, come testimoniano tutti i sondaggi, in base ai quali, se ci fossero elezioni anticipate, non ci sarebbe partita tra i due schieramenti?

L’avvocato Conte probabilmente andrà al Colle, ma non si dimetterà e il Presidente della Repubblica non scioglierà le Camere e non indirà nuove elezioni. Mancano solo sette mesi all’inizio del “semestre bianco”, che impedisce lo scioglimento del Parlamento. Sarà questa maggioranza (europeista, liberale, democratica e chi più ne ha, più ne metta, in base ai “richiami” ambigui dell’avvocato Conte) e il sistema di potere che la sorregge a “tirare a campare” e sarà questa maggioranza – allargata a Renzi, ai centristi e a Forza Italia, che ha già dato segnali di “cedimento”, sia alla Camera che al Senato, con suoi parlamentari che hanno votato sì alla fiducia – ad eleggere il prossimo Presidente della Repubblica. Un candidato già c’è: l’avvocato Conte. Chi meglio dell’uomo “venuto dal nulla”, ma sostenuto in maniera esplicita dall’intera gerarchia ecclesiastica, può rappresentare l’unità di questo Paese? Chi meglio di lui l’”invincibile”, come l’ha definito Paolo Mieli – che passa con disinvoltura a guidare una maggioranza o un’altra di diverso segno e un’altra ancora – può far convergere sul suo nome il voto di un Parlamento che non ha mostrato di avere nessun sussulto di dignità?

L’Italia è nel pantano, nel dominio totale dell’ideologia catto-comunista, alla quale – per le sorti del “destino” – si è associata l’ideologia massimalista e populista di un Movimento fondato da un comico che per un decennio ha girato in lungo e in largo l’Italia facendosi credere il leader dell’antipolitica e che oggi è a favore dell’”unità nazionale”.

E’ un “destino” amaro e triste per questo Paese, determinato in buona parte dal fatto che nei decenni passati – nonostante le opportunità di Governo che pur si sono avute – non si è formata una “cultura di destra” in grado di porre al centro della sua azione politica la necessità di riformare lo Stato e tutti i suoi settori (la Pubblica Amministrazione, la Giustizia, la Scuola, l’Università, l’Informazione), sottraendoli ad un’ideologia che ha occupato, lungo settant’anni, tutti gli spazi disponibili e che si è fatta essa stessa Stato.

Uno Stato che nello scorso mese di marzo, in pieno lockdown, ha inteso scarcerare uomini che erano al 41bis, per porli agli arresti domiciliari e che – nonostante questo – attraverso il Presidente del Consiglio, osa pronunciare il nome di Paolo Borsellino, un eroe di questo Paese, che ha dedicato la sua vita ad indagare le attività illegali delle organizzazioni mafiose e ad assicurare la detenzione giusta per gli autori di quelle illegalità. Nessuno si indigna di fronte a questo fatto?

Il Paese potrà continuare a rimanere a lungo incarcerato, diventerà sempre più povero, chiuderanno centinaia di piccole e medie imprese, i beni più preziosi di cui dispone saranno razziati dalle multinazionali e dal “Dragone Cinese”, gli italiani continueranno a morire per Covid e per le altre patologie che non vengono più curate, a causa dell’incapacità dell’azione di questo Governo e – dispiace dirlo – molti di loro condivideranno e, per molti versi, asseconderanno, nel silenzio, nell’ignavia e nella pavidità, tutte le scelte che vengono operate, senza accorgersi della terribile pericolosità del disegno diabolico planetario che è in atto. La libertà di pensiero è un bene prezioso e se per molti decenni viene sotterrata – com’è accaduto in Italia – non può più essere esercitata.

Per me, lo scenario è questo, con un’aggiunta, decisiva: la situazione nella quale siamo immersi è determinata dal venir meno della dimensione spirituale. La confusione presente nella Chiesa si riverbera in maniera formidabile sui comportamenti umani. La vera Chiesa ha sempre parlato di individuo amato da Dio in grado di scegliere i suoi comportamenti in base al dono del libero arbitrio. Oggi, parla di masse, di popolo. Tutto è uniforme. Per tutti, indistintamente, c’è il Paradiso. Allo stesso modo, in Parlamento viene usata la parola “Amore”, ma l’amore per un popolo non significa guidarlo dove si crede ci sia la salvezza, perché così si priva l’individuo dell’autodeterminazione, che nel credo cristiano si chiama “libero arbitrio”. Amare un popolo e governarlo non significa prospettargli la scelta “green”, la “lotta ai cambiamenti climatici”, la “digitalizzazione” o un’”agenda anticristiana”, dettata dalle Istituzioni europee, che ha come suo primo obiettivo la distruzione della famiglia com’è stata intesa dall’inizio della creazione. Significa agire con carità cristiana: individuare e soddisfare i suoi bisogni, affrancarlo dalle sue angosce, garantirgli vera libertà, vera informazione, vera cultura, parlargli di vita e di morte nella loro dimensione reale e affrontare le questioni legate alla vita e alla morte, che le singole persone vivono quotidianamente sulla loro pelle. Significa concorrere a restituire a quel popolo e ai suoi singoli individui identità e dignità. Chi non opera in questa maniera è già morto come uomo, è espressione di poteri che sono lontani da Dio. Quando si parla di “Amore” bisogna essenzialmente parlare di “Sacrificio”. Per tornare alle citazioni di Paolo Borsellino, mi verrebbe da dire che non ci si appropria di un sacrificio di un altro per confezionare su se stessi un “vestito di dignità”.

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Sono nato a Bari il 10 febbraio del 1956. Una città che amo, ma che è stata distrutta moralmente, culturalmente e umanamente dalla politica degli ultimi cinquant’anni… (Continua)

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