La tela del ragno…

Basta un rimpastino per realizzare le Riforme di cui il Paese ha bisogno? Perchè la tela che viene fatta durante il giorno viene disfatta di notte e la mattina seguente ricomincia una telenovela che sembra non avere mai fine?
Possibile che la crisi in cui si trova il Governo si risolva in un rimpastino? Sì, è possibile. Eppure, tutti i fatti che si sono svolti nelle ultime due settimane, lasciavano prevedere che sarebbe stato vicino il redde rationem.
Eccoli, i fatti: 1. L’iniziativa politica presa dalla comandante della Sea Watch, l’eroinadella sinistra Carola Rackete, rispetto alla quale il Governo ha sostanzialmente taciuto – con il Ministro della Difesa che ha definito il blocco navale un atto di guerra- mentre l’intero sistema mass-mediatico ha praticato contro il Ministro dell’Interno, colpevole di aver voluto difendere i confini nazionali, il massimo grado di violenza, nel tentativo di isolarlo politicamente, come mai aveva fatto negli ultimi tredici mesi. 2. I presunti rapporti tra emissari di Matteo Salvini – e di Salvini stesso – con esponenti vicini a Vladimir Putin, sui quali sta indagando la Magistratura di Milano e rispetto ai quali l’alleato Luigi di Maio, ha ripetutamente chiesto che il leader della Lega rispondesse in Parlamento, minacciando una Commissione d’inchiesta sui finanziamenti ai partiti. 3. L’iniziativa inusuale presa da Salvini di riunire al Viminale i rappresentanti delle parti sociali per discutere insieme a loro il varo della prossima legge di bilancio, scavalcando di fatto le competenze dell’esecutivo. 4. L’elezione a Presidente della Commissione europea di Ursula Gertrud von der Leyen, la signora d’Europa, come viene definita, votata con il consenso determinante degli eletti Cinquestelle, che in cambio – si dice – otterranno la vice-presidenza del Parlamento europeo. 5. L’inoperosità del Governo rispetto ai temi più urgenti da affrontare, tra i quali: l’autonomia delle Regioni del Nord, Veneto e Lombardia, sancita peraltro da referendum popolari che si sono svolti due anni fa; la riforma della Giustizia, che significa ridefinire anche i rapporti che devono intercorrere tra i poteri dello Stato (esecutivo, legislativo, giudiziario); il varo di consistenti e necessarie opere pubbliche relative a infrastrutture, che sono ferme da decenni; la revisione del regime fiscale, con conseguente abbassamento delle aliquote; Scuola e Università, per inserire elementi di discontinuità con la cultura del pensiero unico dominante, che ha asservito ai suoi disegni generazioni di italiani; la difesa della Famiglia Naturale, che oltre dalla cultura del gender, come si è visto nelle ultime settimane con il caso di Bibbiano, è attaccata al di là di qualsiasi immaginazione; la promozione della natalità, per garantire sussidi economici seri alle coppie che decidono di procreare, perchè un Paese che non genera figli è un Paese già morto.
Basta un rimpastino rispetto a questi fatti? E’ certo che non basta. Tant’è che è lo stesso Salvini a dire che il problema non sono solo i Ministri delle Infrastrutture e della Difesa, ma è lo stesso Presidente del Consiglio, che negli ultimi sei mesi – aggiungiamo noi – è stato abile nel ritagliarsi un suo ruolo, specie nei rapporti con l’élite europea, in contrapposizione ad uno dei punti che avevano qualificato la nascita di questo Governo: un’interlocuzione seria con l’Europa, che nel corso degli ultimi dieci anni ha trattato l’Italia, tra le maggiori potenze industriali del mondo e tra i maggiori contribuenti delle Istituzioni europee, come un bambino che fa i capricci.
Nella situazione attuale, Salvini può contare in Parlamento sul 17% dei voti ottenuti alle elezioni politiche del 2018 e per approvare le leggi che ha a cuore ha bisogno del 33% dei voti ottenuti dal M5S. E’ questo ilcul-de-sac in cui si trova. Perchè sia il consenso quasi raddoppiato delle europee sia i sondaggi che danno la Lega ancora in netta crescita, sonovirtuali rispetto alla situazione reale. Non hanno cambiato nulla rispetto ai rapporti di forza tra le due formazioni politiche che compongono la maggioranza di Governo.
L’unico modo che ha Salvini per conseguire l’obiettivo di realizzare le Riforme che ha promesso agli italiani – che si aggiungerebbero al fronte sicurezza, i cui risultati sono evidenti, ma non possono costituire l’unica sua politica – è quello di far cadere il Governo e di andare subito al voto. Di tanto in tanto fa balenare quest’ipotesi, ma quello che viene detto la mattina si volatizza la sera.
Salvini, in sostanza, sembra non avere alcuna intenzione di far cadere il Governo. Perchè? Vuole mantenere – come dice – la parola data con il contratto firmato con i Cinquestelle? Va bene, ma c’è un limite a tutto. Il Paese ha bisogno di affrancarsi dal dispotismo dell’Europa e il M5S sembra non adoperarsi su questa linea e allora le Riforme con quali risorse economiche si fanno, con i vincoli imposti dalla Comissione europea e sotto la sua vigilanza, che è stata già ribadita dalla sua neopresidente? Non si fida di Berlusconi e preferisce lasciar trascorrere ancora del tempo per avere campo libero nel centrodestra? Quest’obiettivo – politicamente comprensibile – potrebbe conoscere presto una débâcle, perchè i poteri che gli sono contro si sono palesemente posti il fine di non mollare finchè non realizzano la sua eliminazione dalla scena politica.
Non è in gioco solo il potere contingente. La vera partita è quella dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, prevista nel 2022: i poteri che hanno dichiarato guerra a Salvini intendono impedire che egli ricopra un ruolo centrale in quell’occasione. Hanno già trovato il successore di Mattarella: Mario Draghi, che presto lascerà la presidenza della BCE – al suo posto è già stata indicata la Lagarde – è pronto. Anche per fare il Presidente del Consiglio di un governo tecnico – magari sorretto da una maggioranza eterogenea, come alcuni sostengono, i Cinquestelle, o una loro parte, il PD e forse anche quel che rimane di Forza Italia – che Mattarella nominerebbe se Salvini facesse cadere l’attuale Governo per impedire nuove elezioni?
Noi non lo crediamo possibile. E’ vero che negli ultimi anni ne abbiamo viste di tutti i colori: Monti e le lacrime della Fornero, con l’esplosione del debito pubblico italiano, Letta a cui è succeduto Renzi, dopo averlo salutato con stai sereno, poi il conte Gentiloni, quando l’ex Sindaco di Firenze pensava di poter stravincere. Ma operare oggi una forzatura così evidente della volontà popolare avrebbe tutti gli elementi di un vero e proprio golpe all’arma bianca.
Salvini sta sbagliando. Non pensiamo per superficialità. E’ più probabile che, come accade a quasi tutti gli uomini di potere, non ascolti alcun consiglio e, come spesso capita in politica, chi gli sta attorno, pur di conservare un buon rapporto con il capo, non svolge il primo compito di chi collabora, che è quello di confrontarsi e di parlar chiaro. E’ da mettere nel conto che Salvini non abbia ben ponderato, sottovalutandolo, il ruolo che può svolgere quella parte assai consistente del Paese che sta dalla sua parte e che nutre la consapevolezza che per superare il baratro in cui si trova l’Italia è necessario sconfiggere quel pensiero ancora dominante di origine comunista, che permea, soffocandoli, tutti i gangli della società italiana, che vuole liberarsi, con le armi della non violenza, della libertà e della verità, da quest’incredibile “assedio” che l’Italia sopporta da oltre 70 anni, che vuole divenire “popolo”, a sostegno di un progetto di vera e propria liberazione.
Saprà Salvini essere leader di questo progetto? Solo se troverà il coraggio di ribaltare schemi pre-costituiti, che hanno concorso – insieme ad una classe politica e dirigente ambiziosa, ma priva di moralità – alla dissoluzione della realtà italiana, se non si farà condizionare da influenze esterne, internazionali, di cui occorre sempre tener conto e se sarà disponibile a rischiare, tenendo presente che quella parte che sta perdendo non mollerà la presa.
Danilo Quinto
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