I vantaggi delle avversità

La vita in questo mondo è un susseguirsi di difficoltà. Chi pensa di non doverle vivere, imbevendosi degli idoli e delle categorie mondane – il danaro, il successo, la vanagloria – e inseguendole, non ha ben compreso il senso ultimo di questa nostra vita. Forgiarsi nelle avversità, invece, è la chiave attraverso la quale trovare il senso del nostro passaggio terreno.
Si legge nell’Imitazione di Cristo: «È bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà; queste, infatti, richiamano l’uomo a se stesso, nel profondo, fino a che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non va riposta in alcuna cosa di questo mondo. È bene che talvolta soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono buone. Tutto ciò suol favorire l’umiltà, e ci preserva dalla vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone interiore, Iddio. Dovremmo piantare noi stessi così saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non può esserci completa serenità e piena pace».
Sì, è proprio così. Questa vita è un esilio. Se riponiamo speranza su una qualsiasi cosa che appartiene a questo mondo, avremo sancito il nostro fallimento. A un Suo discepolo che Gli chiede il permesso di andare a seppellire suo padre, Gesù risponde: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti». Lascia – dice Gesù – che coloro che sono morti spiritualmente, e cercano le cose mortali e passeggere, abbiano cura dei morti in senso proprio; tu cerca le cose eterne, e vieni dietro a me. Dio è padrone supremo, e i doveri che abbiamo verso di Lui sono superiori a quelli che abbiamo verso il padre e la madre, e quindi sono da preferirsi in caso di conflitto. San’Agostino (Discorso 62) scrive: «Questo giovane voleva dunque ubbidire a Dio e seppellire il proprio padre; ma ci sono tempi, luoghi e cose che devono essere subordinati ad altre faccende, ad altri tempi e ad altri luoghi. Si deve onorare il padre, ma si deve ubbidire a Dio. Si deve amare il genitore, ma bisogna preferirgli il Creatore. “Io – dice Cristo – ti chiamo al Vangelo, mi sei necessario per un’altra attività; questa è più importante di quella che desideri compiere. Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Tuo padre è morto: ci sono altri morti capaci di seppellire i morti”. Chi sono i morti che seppelliscono altri morti? Può forse un morto esser sepolto da altri morti? In qual modo lo avvolgeranno nelle bende, se sono morti? In qual modo lo porteranno, se sono morti? Come lo piangeranno, se sono morti? Eppure lo avvolgono, lo portano, lo piangono pur essendo morti, poiché sono infedeli».
Cercare le cose eterne è il solo obiettivo che dobbiamo avere in questa nostra vita. Sin dalla più tenera età, quelle dovremmo imparare ad apprezzare e perseguire. Le cose terrene sono vane, oltre che vacue, insignificanti, mortificano l’anima, la lacerano. Solo così potremo coltivare la vera speranza nell’altra vita – quella terrena – e vedere anche la presenza di Gesù in questa nostra vita, di cui spesso non ci accorgiamo. Egli ci sarà sempre accanto quando invocheremo il Suo nome e a Lui ci affideremo.
Un giorno, racconta il Vangelo di Mt (VIII, 23-27), Gesù va su una barca insieme ai Suoi discepoli. Si trovano nel lago di Genezaret, quando, all’improvviso si solleva una gran tempesta, tanto che la barca era coperta dalle onde. Gesù dorme. I discepoli, presi da trepidazione, Gli si accostano, lo svegliano, dicendoGli: «Signore, salvaci: ci perdiamo». Gesù risponde loro: «Perché temete, o uomini di poca fede?». Gesù, allora, non una preghiera alcuna, ma impone semplicemente ai venti di cessare, e subito viene obbedito».
«La nostra vita è Cristo: osserva Cristo», dice sant’Agostino. «Egli venne a patire ma anche a essere glorificato; a essere disprezzato ma anche ad essere esaltato; a morire, ma anche a risorgere. Se ti spaventa la fatica, guarda alla ricompensa. Perché vuoi arrivare con una vita molle ed effeminata al premio, al quale conduce solo il lavoro faticoso? Ma tu temi di perdere il tuo argento perché te lo sei procurato con grandi fatiche. Se a possedere dell’argento, che una volta, per lo meno alla morte, dovrai perdere, non sei arrivato senza fatiche, vuoi arrivare alla vita eterna senza fatiche? Ti dev’essere più cara la vita alla quale dopo tutte le fatiche arriverai in modo da non perderla mai. Se ti è caro ciò cui sei arrivato dopo tutte le fatiche e che una volta dovrai perdere, quanto più dovremo desiderare i beni eterni?».