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Home›FOCUS›A Pannella

A Pannella

By Danilo Quinto
19 Maggio 2021
1947
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Hai vinto, Marco! Non c’è alcun bisogno – come sostiene oggi Francesco Merlo su Repubblica – che “la sinistra italiana”, a 5 anni dalla tua scomparsa, ti elevi ad “archetipo italiano della libertà, accanto a Gramsci e a Salvemini, che sono gli archetipi del pensiero e a Garibaldi, che è l’archetipo dell’uomo d’azione”.

Avresti sorriso compiaciuto e sornione leggendo queste parole. Non solo per i nomi citati – Salvemini, va bene, anche se gli preferivi Ernesto Rossi, ma Gramsci e Garibaldi, proprio no – ma perché tu consideravi gli esponenti della sinistra italiana dei buoni a nulla e capaci di tutto. Figuriamoci se da lassù o da laggiù  – dipende dallo stato in cui si trovava la tua anima prima di esalare l’ultimo respiro e questo solo Dio può saperlo – ti aspetti qualcosa da loro. Li disprezzavi, in fondo. Così come disprezzavi tutti i tuoi interlocutori politici, con i quali avevi rapporti solo per stato di necessità. Preferivi rivolgerti al fiume carsico – così lo chiamavi – di questo Paese. Un fiume carsico che comprendeva tutti e ciascuno: prima, fascisti e comunisti, socialisti e liberali, repubblicani e socialdemcratici, cattolici e anticlericali, democristiani ed ecologisti, leghisti e federalisti, che volevi tutti membri del transpartito che ti eri inventato, così come avevi immaginato che la parola transnazionale potesse un giorno divenire di moda, così com’è avvenuto; poi, berlusconiani e perfino i cinquestelle. Per un momento, non hai forse pensato che Grillo e Casaleggio potessero essere i tuoi eredi? Hai navigato su questo fiume – quello di coloro che credevano in altro che nel potere, come solevi ripetere – per decenni, superando tutti gli ostacoli e travolgendo letteralmente tutto. Oggi, perfino Matteo Salvini – incalzato dal potere giudiziario – si rivolge ai tuoi eredi politici per condurre insieme la campagna referendaria sulla giustizia, nonostante i suoi duecento parlamentari (tra deputati e senatori), le migliaia di sindaci, consiglieri regionali e comunali e le sue strutture territoriali. Anche di questo avresti sorriso, pensando a quando, nel 1995, eri tu a voler convincere Umberto Bossi – accompagnato da Giulio Tremonti (io c’ero e lo ricordo bene) – ad appoggiare i tuoi referendum. Più tributo di questo!

La tua vera, insuperabile e magnifica vittoria, è stata però quella che hai conseguito nel e con il mondo cosiddetto cattolico. Me ne sono accorto negli anni successivi alla mia conversione. In quel campo non hai vinto. Hai stravinto. Sono molto pochi, oggi, i cattolici – anche membri della gerarchia ecclesiastica – contrari alla dissoluzione della famiglia (= divorzio), alla procreazione responsabile (= uso della pillola anticoncezionale e aborto), alla morte dolce (= eutanasia) e a tutte le altre battaglie che hai condotto nel campo dei cosiddetti diritti civili. Ti sono profondamente grati, perché hai costretto la Chiesa a rivedere e poi a rinunciare definitivamente a proclamare i Dogmi e a liberarli da qualunque timore di Dio. Hai condotto i cattolici, felici e spensierati, nella modernità. Liberi da Dio e dalle sue leggi. La tua ideologia è penetrata nelle viscere più profonde di questo Paese in modo irreversibile. Non c’è nulla di quello che hai seminato che non si sia realizzato. Oggi, nelle città, ci sono negozi che vendono l’erba legale. A passi da gigante si procede verso l’antiproibizionismo su tutte le droghe. L’elite mondialista sta perfino affrontando il tema della bomba demografica – così la chiamavi sin dagli anni ’70, diffondendo le analisi del Club di Roma di Aurelio Peccei, che volevi Presidente del Consiglio – mettendo in atto il disegno di far decrescere la popolazione mondiale. Come volevi tu, archetipo italiano della libertà, come dice Merlo.

L’unica cosa che non hai potuto vincere è la morte. Avresti voluto, perché la temevi, ma non sarebbe stato possibile, perchè arriva inesorabile per tutti. Anche per coloro che intendono vivere l’intera loro vita nella libertà, confondendola con la realizzazione dei propri personali desideri e non nella libertà che deriva dalla grazia di essere figli di Dio e di cercare, in questa vita – perché questa è l’unica possibilità che l’uomo ha se non vuole che la sua anima sia dannata per l’eternità – di praticare il Bene e rifuggire il Male.

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